Baudelaire, Holmes e la stereoscopia.
di Giovanni Fiorentino
Nel cuore dell’Ottocento, due intellettuali colgono le nuove qualità del medium fotografico, anticipando la riflessione sulla fotografia in quanto “tecnologia culturale”. Charles Baudelaire e Oliver Wendell Holmes spostano l’analisi dell’immagine sul versante della quantità e dell’apparenza: tra l’Europa e gli Stati Uniti, da una parte lo sguardo acuto del poeta parigino, dall’altra l’intuito e l’esperienza dello studioso di Boston, si mostrano affini nell’intrecciare lo sguardo a distanza sulle pagine dei giornali insistendo sulla fotografia stereoscopica, finestra spettacolare del mondo che si è insediata nel salotto della casa borghese. Entrambi, ma su fronti ideologici opposti, colgono la dimensione industriale del medium, la potenza immaginaria delle stereografie, la convergenza tra economia, tecnica e consumi spettacolari. In definitiva individuano il futuro della fotografia, la nuova sensibilità del pubblico moderno, la fortuna del tempo dell’immagine che si spinge fino alla riproduzione digitale.